Comprendere le basi della fisica per la fotografia è fondamentale per capire come funziona un apparecchio fotografico e soprattutto per sfruttarlo al meglio. In questo capitolo, così come nei prossimi che saranno pubblicati, andremo a dare, in maniera comunque superficiale, un’infarinatura generale del principi che sono alla base della fotografia, ovvero della luce, dell’ottica, dell’elettromagnetismo e via discorrendo.
La luce, i fotoni e la forma d’onda
La natura della luce è stata oggetto di molte speculazioni nel corso dei secoli. Per Newton la sua natura era corpuscolare ovverosia costituita da particelle, una teoria che però non era in grado di “adattarsi” a tutti i fatti noti circa l’interazione tra luce e il mondo che ci circonda. Per questo motivo ebbe vita breve, sostituita dalla teoria delle onde del giovane Huygens. Successivamente, il fisico Planck scoprì che molti fatti possono essere spiegati solo partendo dal presupposto che l’energia è sempre emessa in quantità discrete, detti quanti. La teoria che ne derivò prese appunto il nome di Teoria dei quanti. Nei tempi moderni, interpretazioni dei fenomeni luminosi è realizzata sia in termini d’onda che modelli quantistici. Il quantum di luce è chiamato il fotone.
Molte delle proprietà della luce possono essere facilmente predette se supponiamo che sia un’onda. A differenza delle onde sonore (che richiedono l’aria o qualunque altro mezzo materiale per potersi propagare) le onde luminose viaggiano liberamente nello spazio vuoto ad una velocità di 2,998×10^8 metri al secondo (circa 300 000 chilometri al secondo). Nell’atmosfera terrestre la perdita di velocità è trascurabile, mentre nell’acqua si riduce a tre quarti e nel vetro a due terzi.
Nello spazio però non viaggia solo la luce ma esistono molte altre forme d’onda, chiamate genericamente onde elettromagnetiche. Le onde elettromagnetiche si propagano vibrando perpendicolarmente rispetto alla direzione di marcia. Per questo motivo possono essere descritte come onde trasversali, al contrario delle onde longitudinali (come le onde sonore) la cui direzione di vibrazione avviene lungo la direzione di marcia. La distanza tra un’intersezione con il piano di marcia ed una successiva è chiamata lunghezza d’onda della radiazione e viene generalmente indicata con la lettera greca λ (lambda). Il numero di intersezioni dell’onda con il piano di marcia in un secondo è detto frequenza di vibrazione che viene generalmente indicato con la lettera greca ν (nu). La velocità della luce è data dalla seguente equazione:
Velocità = lunghezza d’onda x frequenza di vibrazione (c = νλ)
Esiste infine un terzo parametro molto importante che contraddistingue una forma d’onda, ovvero l’ampiezza: è la distanza tra il piano di marcia ed il punto più lontano che l’onda raggiunge prima di tornare verso il piano di marcia stesso. L’ampiezza misura l’intensità dell’onda.
La figura qui sopra mostra appunto la schematizzazione di un’onda elettromagnetica. Il campo elettrico vibra nella sul piano parallelo alla direzione di marcia (asse Y), quello elettrico sul piano perpendicolare (asse Z).
Fu agli inizi del 1900 che si cominciò ad osservare e studiare l’effetto fotoelettrico. In pratica, si notò come le piastre di alcun metalli caricate negativamente perdevano la loro carica quando esposti ad una particolare lunghezza d’onda critica. Questo effetto dipende solo dalla lunghezza d’onda e non sull’intensità: ciò può essere spiegato solo sulla base del fatto che l’energia luminosa è composta di particelle (fotoni) e che quando un fotone colpisce il metallo, il metallo stesso assorbe il fotone rilasciando un elettrone. L’energia del fotone è proporzionale alla frequenza del radiazione elettromagnetica, data dalla seguente equazione:
Energia di un fotone = frequenza X costante di Planck (E = hv)
La costante di proporzionalità di Plank è una costante universale vale 6,626 x 10^-34 Joule per secondo.
Le basi della fisica per la fotografia: L’Ottica
Lo studio del comportamento della luce è chiamato ottica. L’ottica, a sua volta e per quanto riguarda la fotografia, può essere suddivisa in tre grandi categorie, ciascuna rappresentante un differente insieme di regole relative alla luce. La prima categoria è l’Ottica fisica, ovvero lo studio della luce partendo dal presupposto che si comporti come onde. Per meglio capire di che stiamo parlando, immaginate di lanciare una pietra in uno stagno. La pietra, toccando l’acqua, genererà un treno di onde che tenderanno a diffondersi su tutta la superficie dello stagno. Più o meno come la pietra, fonte delle onde, si comporta la fonte luminosa, con la differenza che la sua diffusione non è limitata su di un piano bidimensionale ma piuttosto tridimensionale (ovvero si diffonde in tutte le direzioni). Le onde che osserviamo con la pietra si “trasformano”, nel caso della luce, in sfere, la cui superficie tende a crescere man mano che ci si allontana dalla sorgente. Il fronte d’onda generato dalla sorgente luminosa può essere deviato dalla sua direzione originale da ostacoli sul suo cammino, la forma della deviazione sarà differente a seconda del tipo di ostacolo incontrato. I fenomeni che possono essere spiegati con l’ottica fisica sono la diffrazione, interferenza e la polarizzazione, tutte fondamentali per il potere risolutivo delle lenti, il rivestimento delle lenti e dei filtri.
Il percorso di ogni singolo punto del fronte d’onda di cui abbiamo parlato poco fa può essere rappresentato tramite una linea retta con direzione perpendicolare al fronte d’onda stesso. Per questo affermiamo che la luce viaggia in linea retta. In ottica geometrica postuliamo l’esistenza di raggi di luce rappresentati da tali linee rette lungo le quali si viaggiano i flussi di energia. Per mezzo di queste linee è facilmente visualizzabile il cambio di direzione dei fronti d’onda: il concetto di raggi luminosi è utile per studiare la formazione di un’immagine da una lente. Alcuni fenomeni che si spiegano con l’ottica geometrica includono la riflessione e rifrazione.
L’ottica Quantistica, infine, presuppone che la luce consista essenzialmente di quanti di energia ed è impiegata quando si studia in dettaglio gli effetti relativi all’assorbimento o emissione della luce da parte della materia, ad esempio un’emulsione fotografica o altro materiale fotosensibile.