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Home Il corso di Fotografia Gli obiettivi fotografici

La macrofotografia: le lenti, tubi e estensori

di Beppe
in Gli obiettivi fotografici, Il corso di Fotografia
Tempo di Lettura:6 minuti
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Con le reflex digitali, un po’ tutti gli obiettivi possono essere impiegati per la macrofotografia, “trasformandoli” in obiettivi macro tramite l’uso di opportuni accessori. Ovviamente i risultati saranno più scarsi rispetto ad impiegare un obiettivo realizzato ad hoc, ma per il portafogli fa una grande differenza.

Prima di tutto, quando acquistiamo o “modifichiamo” una lente, ricordiamoci che raddoppiando la lunghezza focale della lente corrisponde ad aumentare la distanza di lavoro dal soggetto: con un 100mm dovremo metterci al doppio della distanza rispetto ad un 50mm. Altra cosa da tenere a mente è che maggiore è la lunghezza focale, maggiore sarà l’effetto bokeh: tirando lo zoom saremo in grado più isolare il soggetto rispetto allo sfondo ed infatti, nelle foto macro, questa peculiarità è quasi sempre presente.

Una delle soluzioni più semplici  per trasformare un obiettivo tradizionale in un obiettivo macro o close up è quello di impiegare le lenti close-up. Come abbiamo visto nell’articolo relativo, questa lente va montata, da sola o in gruppo, dinanzi all’obiettivo stesso e fornisce un fattore di ingrandimento specifico. Il loro vantaggio è che la quantità di luce che raggiunge il sensore .

Ne esistono di differenti modelli e differenti prezzi, variando da una quindicina di euro fino ad arrivare a 700 euro ed oltre: variano la qualità costruttiva ed i trattamenti, oltre ad essere spesso progettati per un particolare tipo di obiettivo. Come accennato, possono essere montati in “serie” in modo da incrementare il numero di diottrie (l’unità di misura) complessivo del sistema: sistemando in serie una lente close-up da +1 diottria ed una da +2 diottrie, otterremo una equivalente da +3 diottrie.

Una soluzione alternativa all’uso delle lenti close-up è data dall’uso dei tubi di prolunga: si tratta di tubi privi di lenti che distanziano fisicamente l’obiettivo dal sensore. Maggiore è la lunghezza di questi tubi, maggiore sarà l’ingrandimento. Giusto per dare una misura della variazione dell’ingrandimento, ricordiamoci che

Lunghezza focale * (M+1) = Distanza tra lente e Sensore (V).

Dove M sta per ingrandimento. Per fare un esempio, supponendo un ingrandimento di 1X, un obiettivo da 50mm richiederebbe un estensore da 100mm: V=50 * (1+1) = 100

I tubi di prolunga hanno però un problema da non sottovalutare: a causa della loro lunghezza riducono drasticamente la quantità di luce che giunge al sensore. Occhio anche a comprarne uno in grado di trasmettere i segnali elettrici per l’autofocus.

Una soluzione equivalente ai tubi di prolunga sono gli estensori a soffietto: si tratta di tubi prolunga “variabili” e quindi adattabili alle varie situazioni. Se da una parte sono flessibili, dall’altra quasi mai replicano l’elettronica ed il loro utilizzo non è proprio banale. Tarare la giusta lunghezza per ottenere l’ingrandimento richiesto non è un’operazione facile da farsi, specie per chi è alle prime armi.  A proposito, sul principio del soffietto si basano anche le lenti lens-baby anche se estremizzano il concetto permettendo una mobilità ben maggiore rispetto al solo asse di fuoco.

Tubi prolunga e soffietti: il problema della compensazione dell’esposizione

Soffietti e prolunghe riducono la quantità di luce che giunge al sensore, questo può richiedere una compensazione al fine di ottenere il risultato voluto. Se si è dotati di un flash TTL, questo può essere impiegato per compensare la perdita dovuta alla prolunga ma attenzione a cosa fotografate: un flash va bene in studio, ma fotografare un insetto e “sparargli” negli occhi un lampo non è proprio il massimo della vita (oltre che rischiare di farlo scappare via).

Individuare la giusta compensazione, se non si ha a disposizione un flash TTL, non è complicato:

Fattore di compensazione = esposizione misurata * (M+1)2

Nel caso di un ingrandimento 1X, il valore di compensazione da tenere in conto sarà quindi pari a Esposizine misurata* (1+1)2= esposizione misurata * 4. In pratica avrò bisogno di fornire quattro volte la luce letta, ovvero dovrò aprire il mio diaframma di due stop (e quindi, per esempio, passare da f/16 a f/8)

Un’altra soluzione per ottenere un obiettivo macro è quello di montare al contrario un obiettivo, operazione fattibile utilizzando gli anelli di inversione.   Il grandissimo vantaggio di questa soluzione è quella di poter impiegare la propria attrezzatura, non avere perdite di luminosità né di qualità. Lo svantaggio principale è la quasi impossibilità (a meno di comprare particolari oggetti in negozi specializzati) di replicare l’elettronica (è posta dinanzi all’obiettivo, invertendolo),oltre che scoprire una parte relativamente sensibile dell’obiettivo stesso (la lente interna).

macro
Nature-Pix / Pixabay

Occhio ai flare: quando usate gli obiettivi capovolti ricordatevi di creare un paraluce con del cartone (per esempio). Semplice, economico ma di vitale importanza: le lenti interne, solitamente,non hanno trattamenti chimici particolari e quindi possono essere più inclini a questo tipo di problema.

Se avete una certa età fotografica, probabilmente siete tra quei fotografi che hanno usato una tecnica oramai in disuso: utilizzare più obiettivi contemporaneamente.

Questo sistema oramai è in disuso (anche per l’eccessivo peso della soluzione) e consisteva nell’equipaggiare la macchina fotografica con un teleobiettivo (tipo un 200mm) e montare, tramite un anello di inversione, un secondo obiettivo standard (tipo un 50mm) davanti al tele (ovviamente invertito). Come paraluce spesso si utilizzava un tubo prolunga, di quelli da 1.5X: una soluzione molto semplice ma che riesce anche a fornirci un minimo di copertura alla parte della lente esposta.

Questa soluzione permette di ottenere un ingrandimento pari a:

Ingrandimento: Lunghezza focale obiettivo primario/lunghezza focale obiettivo invertito

Nel caso citato poc’anzi avremmo quindi un ingrandimento pari a 200mm/50mm = 4X.

Gli Obiettivi Macro

Se avete disponibilità economica, la soluzione ovviamente migliore è quella di attrezzarsi con delle lenti macro ad hoc.  Si tratta di obiettivi progettati per fornire le massime prestazioni quando si trovano a piccola distanza dal soggetto da inquadrare (quindi la messa a fuoco è particolarmente corta). Gli obiettivi macro hanno  generalmente tre lunghezze focali: standard, medio tele e teleobiettivo. Tradotto in millimetri, i tre obiettivi sono un 55mm o un 66mm, un 90mm o 105mm ed  un 200mm. Non mancano anche degli obiettivi a lunghezza variabile quale il Micro-Nikkor 70-180mm. Occhio sempre alla sigla presente sull’obiettivo: il termine micro dovrebbe essere sempre riportato.

Un esempio di ottima lente per la fotografia Macro è per esempio la Canon MP-E65 Macro Lens.  Privo di messa a fuoco, è stato realizzato per fornire un ingrandimento variabile tra 1X e 5X senza dover ricorrere ad alcun accessorio. Lo svantaggio di questo dispositivo è la grande difficoltà nell’utilizzarlo anche perché, come accennato, non ha messa a fuoco. Una volta allungato alla dimensione che ci interessa (passa dai 100mm fino a 230mm se spinto fino a 5X) è necessario muovere la macchina fotografica per ottenere la messa a fuoco del soggetto. Messa a fuoco che avviene, al massimo zoom, ad appena 40mm (potete immaginare quanto sia complicato riuscire a muoversi per trovare la giusta messa a fuoco).

pistillo macro
Bru-nO / Pixabay

L’MP-E65 ha anche una profondità di campo (PDC) cortissima:

1X:

  • f/2.8 -> PDC: 0.4 mm
  • f/16  -> PDC: 2,24 millimetri

5X:

  • f/2.8 -> PDC: 0,048 millimetri
  • f/16  ->  PDC: 0,27 millimetri

Gli obiettivi grandangolari

Per quanto possa sembrare strano, anche un obiettivo grandangolare può essere utilizzato per  fare fotografia di tipo close-up o macro anche se, come per l’obiettivo di esempio descritto sopra, sono complicati da impiegare: un 28mm ha una distanza di messa a fuoco di 3,5 centimetri dal soggetto ed è in grado di realizzare un ingrandimento 14X. Va da se che il problema principale è la messa a fuoco (ancora una volta, la si realizza muovendo la macchina fotografica e non agendo sulla ghiera). Altro problema è l’eccessiva vicinanza al soggetto che, specie se vivente, potrebbe non prendere di buon grado l’obiettivo.

Il vantaggio di usare un grandangolare è l’ampiezza dell’immagine: se non ci si spinge fino ai 3,5 centimetri è possibile catturare oltre che il soggetto anche una buona fetta della scena circostante.

 Obiettivi standard, teleobiettivi e Zoom

Continuando a scorrere il nostro corredo fotografico, gli Obiettivi standard non sono proprio il massimo: tradizionalmente questi obiettivi sono “simili” alla visione dell’occhio umano (50mm su una full frame o su un 35mm su un sensore APS) e poco si prestano alla macrofotografia, al contrario dei teleobiettivi.

I teleobiettivi, infatti, se abbinati a delle lenti close-up o dei tubi di prolunga, possono aiutarci in quei casi in cui non è possibile avvicinarsi al soggetto: per fotografare un insetto, per esempio, ha più senso usare  un tele da 200mm con delle lenti close up aggiunte al fine di evitare che l’insetto stesso scappi. Anche per la macrofotografia naturalistica vale un concetto simile: impiegare una focale lunga permette di “separare” il soggetto dal fondale.

Come per i teleobiettivi, anche per gli obiettivi zoom, quelli a focale lunghissima, può valere lo stesso discorso. Per queste due categorie bisogna però sempre ricordare un particolare: a causa della loro costituzione, funzionano da macro solo a determinate lunghezze focali (spesso e volentieri questi obiettivi hanno una nota sul corpo macchina stesso che limita l’escursione dello zoom alla zona relativa al formato “macro”). Ovviamente, per quanto siano soluzioni interessanti, non aspettatevi dei risultati che siano in qualche modo paragonabili a quelli ottenibili con obiettivi dedicati.

macro
skeeze / Pixabay

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Tags: closeupmacrofotografia
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Beppe

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