Esistono un sacco di piccoli trucchi che usiamo da fotografi per trasmettere all’osservatore ciò che ci interessa l’osservatore noti in un’immagine. Uno dei sistemi più frequentemente usati è quello di ricorrere alla prospettiva ed a dei punti di fuga, al fine di sottolineare la grandezza di un paesaggio, per esempio, oppure per aggiungere un senso di drammaticità ad un’immagine.
Vediamo come, partendo però da una premessa di carattere storico.
Tanto tempo fa, quando Photoshop ancora non esisteva (e neppure la macchina fotografica), i pittori e gli scultori hanno avuto non pochi problemi con la prospettiva. Se gli scultori dell’epoca romanica erano soliti evitare la prospettiva, nel medioevo quasi ogni pittore ha tentato di riprodurla su tela. Tentativi che si sono di fatto esauriti (o meglio stabilizzati) con Filippo Brunelleschi che nel 1413 definì un metodo geometrico per rappresentare la prospettiva. Nel 1413, in pratica, è nato (su tela) il concetto di punto di fuga: il punto in cui le linee parallele sembrano convergere.
La percezione del punto di fuga da parte del nostro cervello è direttamente legato alla dimensione degli oggetti man mano che questi si “allontanano” dall’osservatore un pittore che vuole rappresentare nel suo dipinto un punto di fuga non dovrà fare altro che ridurre la distanza tra le linee parallele, il che significa farle convergere (o quasi).
Nella fotografia accade lo stesso: osservate per esempio la foto dei due binari qui di seguito.
I binari convergono in un determinato punto all’orizzonte cosa non vera tant’è che il nostro cervello la traduce in prospettiva, ovvero continua ad immaginare i binari paralleli ma aggiunge la dimensione prospettica per giustificare la convergenza degli stessi.
I punti di fuga sono dei veri e propri catalizzatori di attenzione, guidando lo sguardo dell’osservatore, ed è per questo che sono largamente utilizzati in fotografia, soprattutto da chi fa fotografia di panorami o di architettura.
Fare buon uso dei punti di fuga
Non tutte le scene hanno linee parallele o punti di fuga evidenti, per cui alle volte è necessario enfatizzarli. Per esempio, se si desidera aumentare la percezione di un’immagine o la sua drammaticità, si può usare un obiettivo grandangolare in quanto tende ad esagerare gli angoli e la visione prospettica di una scena, soprattutto ai bordi della stessa. Al contrario, se sono presenti punti di fuga troppo evidenti e volete alleggerirli un poco, potete usare una lunghezza focale maggiore (ad esempio usando lo zoom).
Ricordate la regola dei terzi? Questo è il miglior momento per usarla: provate a posizionare il punto di fuga all’intersezione di una delle linee guida della griglia caratterizzante la regola dei terzi. Oppure, a seconda della forza della vostra composizione, potete decidere banalmente di rompere la regola, sistemando le linee parallele al centro della scena.
I punti di fuga hanno un effetto maggiore se inclusi all’interno dell’immagine, nel senso di facenti parte del soggetto. Nel classico esempio dei due binari, provate ad immaginare di posizionare qualcosa (una persona per esempio) in mezzo ai binari in modo tale che le rotaie alle sue spalle non siano visibili: in questo modo si lascia all’immaginazione dello spettatore il collegamento delle linee verso l’orizzonte.
Utilizzare un punto di fuga con un soggetto
Un punto di fuga non è utile solo per i paesaggi e per l’architettura. Le linee convergenti non solo rendono l’aspetto della vostra fotografia più tridimensionale, ma aiutano anche a portare l’occhio dello spettatore in un determinato punto o zona dell’immagine. In pratica le linee convergenti si possono impiegare come fossero delle vere e proprie frecce, indicando all’osservatore dove rivolgere lo sguardo.
Naturalmente questo è più facile a dirsi che a farsi. Non possiamo sistemare per esempio il nostro soggetto alla fine delle solite rotaie convergenti in quanto l’osservatore sarebbe costretto ad impiegare una lente di ingrandimento per vedere il nostro soggetto! E’ invece necessario individuare un punto dinanzi al punto di fuga che sia:
- non troppo lontano dall’obiettivo per evitare la dimensione ridotta
- non troppo vicino in quanto le linee convergenti devono avere il tempo (o meglio, lo spazio visivo) per dare prospettiva alla scena.
E questo rende il punto di fuga un grande strumento per i ritratti soprattutto quando si sta cercando di inglobare il soggetto in un ambiente significativo: un vescovo in una cattedrale, un allevatore di fronte a del bestiame recintato, un bambino che gioca in un parco.
Se il nostro soggetto è particolarmente significativo e già di per se è in grado di catalizzare l’attenzione dell’osservatore, allora lo si può inserire in una posizione opposta rispetto al punto di fuga in modo da bilanciare il peso visivo. Il punto di fuga attirerà l’occhio dello spettatore in lontano dal soggetto ma se quest’ultimo è abbastanza forte, l’occhio dello spettatore tornerà su di esso per riposare.