Quasi tutte le fotocamere digitali, compresi i modelli entry-level più elementari, sono equipaggiati con obiettivi zoom compatti e spesso potenti (in termini di ingrandimento). Gli obiettivi zoom sono così diffusi e così spesso utilizzati negli scatti quotidiani che oramai non ci si sofferma più a pensare al come funzionano o come sono realizzati: ci limitiamo a premere un pulsante o girare una ghiera per metterlo in moto e quindi scattiamo la fotografia.
Negli ultimi anni sono stati fatta passi da gigante nell’ambito degli obiettivi zoom in termini di qualità ottica, luminosità e miniaturizzazione, ma le radici affondano in un passato anche molto remoto: basti pensare che i primi zoom a elementi mobili (quindi in grado di modificare la lunghezza focale) sono stati impiegati nel 1834 in ambito astronomico e militare per “ingrandire” oggetti distanti . Successivamente, nel 1932, fece la sua comparsa il primo obiettivo in grado di correggere le aberrazioni ottiche mentre, nel 1959, venne immesso sul mercato il primo obiettivo zoom per fotocamere.
Successivamente, si sono susseguiti zoom sempre più altamente tecnologici, dotati di messa a fuoco automatica, di luminosità elevatissima, di dimensioni ridottissime. Insomma, dei veri e propri gioielli della tecnologia che continuano a evolvere ad una velocità impressionante.
In commercio esistono differenti modelli di zoom basati su differenti disegni, ma tutti accomunati dallo stesso principio di funzionamento: uno zoom è un insieme di lenti di forma, disegno e spessore differente che si muovono (alcune di esse) l’una rispetto all’altra per modificare l’ingrandimento della scena ripresa senza alterarne il fuoco. Volendo schematizzare il funzionamento di uno zoom, possiamo fare riferimento alle due immagini qui di seguito.
Nei due schemi è visibile il doppio gruppo di lenti: quelle fisse (gli elementi di messa a fuoco) e quella mobili (gli elementi di ingrandimento). L’elemento chiave è ovviamente la lente mobile concava, la cui funzione è disperdere il percorso della luce. La lente concava, muovendosi nello spazio compreso tra due lenti convesse (inizio e fine corsa), modifica la larghezza (o la dispersione) dei raggi luminosi che entrano a sinistra dei disegni, modificando in questo modo l’ingrandimento. Ovviamente la dispersione dei raggi luminosi fa si che si perda la messa a fuoco, problema corretto dagli elementi posteriori del sistema di lenti che concentrano i raggi sul sensore dell’apparecchio fotografico garantendo un’immagine nitida.
Nella schematizzazione qui sopra, possiamo vedere le posizioni relative delle lenti quando l’obiettivo è impostato su grandangolo. Come si può vedere, il percorso della luce che entra dall’elemento frontale dell’obiettivo viene ristretta, producendo un ingrandimento minore. Come effetto collaterale, la quasi totalità della luce che entra nell’obiettivo finisce sul sensore rendendo la scena molto luminosa.
Nella seconda immagine la lente è impostata su teleobiettivo, quindi al massimo dello zoom possibile. L’elemento concavo disperde il percorso della luce in modo che solo l’area centrale venga raccolta dall’elemento posteriore dell’obiettivo. Questo produce un ingrandimento maggiore in quanto solo la pozione al centro dell’immagine viene catturata dal sensore. Come effetto collaterale abbiamo però la dispersione di una parte della luce che entra nell’obiettivo (le frecce che non “rimbalzano sulla terza lente) con una consequente minore luminosità della scena catturata.
Il sistema di zoom che abbiamo descritto è comunemente chiamato telescopico. Negli ultimi anni, grazie al lavoro svolto dagli ingegneri della Konica e successivamente adottato da tantissime case produttrici (tra cui Sony), è comparso anche un secondo tipo di zoom, chiamato periscopico. A differenza del telescopico dove le lenti sono presenti “dinanzi” al corpo macchina, nello zoom periscopico le lenti sono tutte all’interno del corpo macchina stesso, rendendo il design della macchina fotografica particolarmente compatto.
In questo sistema, l’obiettivo zoom è montato verticalmente all’interno del corpo della fotocamera e cattura la luce esterna grazie ad un prisma inclinato a 90 gradi, esattamente come accade con il periscopio di un sommergibile. Il principio di funzionamento è esattamente lo stesso con una o più lenti che si muovono ma il vantaggio è notevole, soprattutto in termini di peso ed ingombro. Di contro, ovviamente, c’è la scarsa luminosità dell’obiettivo e le sue ridotte dimensioni: usarlo con sensori troppo grandi non sarebbe possibile avendo uno spazio molto limitato all’interno del corpo macchina (quindi non aspettatevi mai grandi risultati da queste macchine fotografiche, delle vere e proprie point & shot).
E lo zoom digitale? Lo zoom digitale sta al fotografo come l’acqua santa sta al Diavolo. Usare lo zoom digitale significa semplicemente prendere un’immagine e “ingrandirla” esattamente come facciamo noi al nostro computer. Ingrandire digitalmente un’immagine significa semplicemente “distanziare” tra di loro i pixel formanti l’immagine, con una conseguente riduzione di dettaglio. La quasi totalità dei fotografi che lavora con una macchina compatta disattiva di default lo zoom digitale per evitare di usarlo per errore. Anche perché lo stesso tipo di ingrandimento può essere fatto comodamente al proprio computer!
Complimenti! Non ho mai letto un post così interessante per uno come me che si sta’ avvicinando a questo mondo straordinario!